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Notizie
14.07.2018
Qualità dell’Aria e prestazioni lavorative

Uno studio realizzato da ricercatori dell’Università di Harward ha messo in relazione le funzioni cognitive dei lavoratori con la qualità dell’aria degli uffici. Il crescente costo dell’energia nel 1970 ha portato ad un cambiamento delle pratiche costruttive negli Stati Uniti e gli edifici sono stati sempre più costruiti per essere a tenuta d’aria ed energeticamente efficienti.

Ciò ha portato alla diminuzione dei ricambi d’aria nelle abitazioni ed uffici:  i tassi tipici di ricambio dell’aria sono passati da circa 1 ricambio all’ora (ACH) a circa 0,5 (ACH) [Chan et al. 2003; American Society of Heating,(ASHRAE) 2013b].

Gli edifici costruiti a partire dal 2000 sono stati progettati per essere ancora più efficienti, riducendo ulteriormente il tasso di ricambio d’aria [0,1-0,2 (ACH) (Allen et al 2012; ASHRAE 2013b)].

Questo cambiamento delle modalità di progettazione ha causato un peggioramento della qualità ambientale interna (IAQ), perché la diminuzione della ventilazione può portare ad un aumento della concentrazione degli inquinanti indoor.

Le prime relazioni fra malattie e gli edifici, sick building syndrome (SBS), sono state segnalate nel 1980 a seguito della diminuzione dei tassi di ventilazione (Riesenberg e Arehart-Treichel 1986), con significative perdite di produttività e costi annuali dovuti a patologie attribuibili agli ambienti indoor (Fisk e Rosenfeld 1997).

I problemi degli edifici convenzionali con ambienti così “sigillati” hanno favorito l’introduzione di sistemi costruttivi in bioedilizia, che hanno lo scopo di ridurre l’impatto ambientale e migliorare l’efficienza energetica, ma anche prevedono miglioramenti nei sistemi di ventilazione e filtrazione e di utilizzare materiali a bassa emissione di COV. Le misurazioni ambientali negli edifici bioedili, rispetto ai convenzionali, mostrano concentrazioni inferiori di molti inquinanti come particolati, NO2, COV ed allergeni (Jacobs 2015).

Tuttavia non si registrano riduzioni di CO2 a causa della progettazione in bioedilizia orientata al risparmio energetico.

I ricercatori di Harward pertanto orientano lo studio con questa scelta: “abbiamo simulato condizioni di qualità ambientale interna nelle costruzioni convenzionali ed in quelle Green e valutato gli impatti su un parametro di prestazione oggettivo: l’aumento delle funzioni cognitive delle persone

Ventiquattro partecipanti hanno trascorso 6 giorni lavorativi completi (dalle 9 alle 17) in un ambiente controllato, ad uso ufficio per effettuare il test. In giorni diversi, sono stati esposti a condizioni di IAQ tipiche di edifici convenzionali [elevate concentrazioni di composti organici volatili (COV)] e di edifici in bioedilizia (basse concentrazioni di COV) per uffici degli Stati Uniti. Simulando ulteriormente condizioni aggiuntive di un edificio in bioedilizia (con l’etichetta Green +) con un alto tasso di ventilazione dell’aria esterna  e livelli artificialmente elevati di anidride carbonica (CO2), indipendenti dalla ventilazione.

Risultati: In media, i punteggi assegnati alle funzioni cognitive sono stati superiori del 61% nel test effettuato nell’ambiente in bioedilizia e del 101% in più nei due giorni nell’ambiente in bioedilizia Green + rispetto al test effettuato nell’ambiente dell’edificio convenzionale (p <0,0001).

Conclusioni: i punteggi della funzione cognitiva sono stati significativamente migliori nelle condizioni di bioedilizia Green + piuttosto che nelle condizioni di costruzione convenzionale.

Per i ricercatori le persone che lavorano in ambienti con alta qualità dell’aria, perciò con bassi livelli di CO2, di inquinanti chimici, di polveri e polveri fini tipici degli spazi chiusi, ottengono punteggi migliori nelle funzioni cognitive rispetto a quelli che stanno in uffici meno “green”, con livelli di inquinamento e CO2 considerati standard.

I livelli di CO2 in un ufficio sono influenzati anche dal numero di persone presenti all’interno dell’ambiente e dall’inquinamento outdoor, non sono perciò condizionati soltanto dal sistema di ventilazione.

Secondo gli esperti di Harvard e della Syracuse University, che si sono occupati dello studio, l’anidride carbonica dovrebbe essere considerata un agente inquinante diretto e non soltanto un indicatore per altre sostanze inquinanti. Ora saranno necessari ulteriori studi per comprendere se anche livelli di CO2 troppo bassi possano ostacolare la salute e le performance sul lavoro.